Esame Avvocato, prova scritta e correzione: i commissari non sono tenuti ad apporre alcun segno ed il voto non richiede motivazione

In tema di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense, vanno affermati i seguenti principi:

 

il semplice voto in forma numerica è legittimo e non necessita di ulteriore motivazione, tenuto conto della sufficienza dei criteri generali relativi alla correzione degli elaborati, che non richiedono da parte delle sottocommissioni alcuna ulteriore specificazione o collegamento con l’estrinsecazione strettamente docimologica della valutazione;

– in sede di valutazione degli elaborati scritti presentati dai candidati agli esami di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato non è richiesta, da parte della competente commissione, l’apposizione di glosse, di segni grafici o di indicazioni di qualsiasi tipo, sui verbali relativi alle operazioni di correzione, non avendo detti verbali la finalità di rendere edotti i candidati degli eventuali errori commessi, ma unicamente di dar conto del giudizio espresso con il punteggio numerico;

le valutazioni negative ma prossime alla sufficienza non necessitano di una motivazione succinta per iscritto delle ragioni del giudizio di non idoneità anche in quanto non è stato previsto per siffatte ipotesi, in sede di determinazione dei criteri di correzione, un onere motivazionale più ampio e penetrante;

– non consente alcun dubbio interpretativo (nel senso di una pretesa immediata applicabilità immediata) la disposizione dell’art. 46, comma 5, della L. n. 247 del 2012, in combinato disposto con il chiarissimo tenore del successivo art. 49, che tiene ferma l’applicabilità delle norme previgenti “sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame” per i primi due (poi quattro, ora cinque) anni successivi all’entrata in vigore della legge, anche in disparte la considerazione che il comma 6 dell’art. 46 rinvia comunque ad apposito regolamento del Ministro della giustizia, da emanare sentito il Consiglio Nazionale Forense, per disciplinare “le modalità e le procedure di svolgimento dell’esame di Stato e quelle di valutazione delle prove scritte ed orali”, sia pure sulla base dei criteri generali enunciati dal medesimo comma 6;

– a meno che non ricorra l’ipotesi residuale del macroscopico errore logico, non è consentito al Giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni adottate dalla commissione esaminatrice il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale ed il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia di riferimento.

T.A.R. Sicilia – Palermo – sezione terza, sentenza del 11.10.2018, n. 2081

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