No al contratto ad effetti protettivi verso terzi generalizzato

Il rapporto contrattuale che si instaura tra il paziente e la struttura sanitaria ha efficacia “ultra partes” allorché costituisce fonte di obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione. Viene in considerazione, in particolare, il contratto stipulato dalla gestante, avente ad oggetto la prestazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza oppure l’accertamento, e correlativa informazione, di eventuali patologie del concepito, anche in funzione del consapevole esercizio del diritto di autodeterminarsi in funzione dell’interruzione anticipata della gravidanza medesima. L’inesatta esecuzione della prestazione che forma oggetto di tali rapporti obbligatori, infatti, incide in modo diretto sulla posizione del nascituro e del padre talché la tutela contro l’inadempimento deve necessariamente essere estesa a tali soggetti, i quali sono legittimati ad agire in via contrattuale per i danni che da tale inadempimento siano loro derivati. Al di fuori di queste specifiche ipotesi, poiché l’esecuzione della prestazione che forma oggetto della obbligazione sanitaria non incide direttamente sulla posizione dei terzi, torna applicabile anche al contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria la regola generale secondo cui esso ha efficacia limitata alle parti (art.1372, secondo comma, c.c.); pertanto, per un verso non è predicabile un “effetto protettivo” del contratto nei confronti di terzi, per altro verso non è identificabile una categoria di terzi (quand’anche legati da vincoli rilevanti, di parentela o di coniugio, con il paziente) quali “terzi protetti dal contratto”. Ciò non vuoi dire che i prossimi congiunti del creditore, ove abbiano subìto in proprio delle conseguenze pregiudizievoli, quale riflesso dell’inadempimento della struttura sanitaria (cc.dd. danni mediati o riflessi), non abbiano la possibilità di agire in giudizio per ottenere il ristoro di tali pregiudizi. Il predetto inadempimento, tuttavia, potrà rilevare nei loro confronti esclusivamente come illecito aquiliano ed essi saranno dunque legittimati ad esperire, non già l’azione di responsabilità contrattuale (spettante unicamente al paziente che ha stipulato il contratto), ma quella di responsabilità extracontrattuale, soggiacendo alla relativa disciplina, anche in tema di onere della prova. La legittimazione all’azione di responsabilità contrattuale residua per i prossimi congiunti nel caso in cui facciano valere pretese risarcitorie iure hereditario, già consolidatesi nella sfera del loro dante causa quali crediti derivanti dall’inadempimento contrattuale e da questi trasmesse martis causa ai suoi eredi.

Il principio secondo il quale nell’ambito delle prestazioni sanitarie il perimetro del contratto con efficacia protettiva dei terzi deve essere circoscritto alle relazioni contrattuali intercorse tra la gestante e la struttura sanitaria (o il professionista) che ne segua la gestazione e il parto, già enunciato in più risalenti decisioni di questa Corte , è stato di recente reiteratamente ribadito, ora sul presupposto che solo in questa fattispecie vi sarebbe identità tra l’interesse dello stipulante e l’interesse del terzo, ora sulla considerazione del carattere “relazionale” della responsabilità contrattuale, ora, infine, sulla base del dato sistematico desunto dalla disciplina di altre fattispecie di responsabilità civile nelle quali, come in quella sanitaria, si può determinare l’eventualità che dall’inadempimento dell’obbligazione dedotta nel contratto possano derivare, in via riflessa o mediata, pregiudizi in capo a terzi estranei a l rapporto contrattuale; tra queste ipotesi, quella più rilevante concerne l’infortunio subìto dal lavoratore per inosservanza del dovere di sicurezza da parte del datore di lavoro (art. 2087 c.c.), in relazione alla quale non si dubita che l’azione contrattuale spetti unicamente al lavoratore infortunato, mentre i suoi congiunti, estranei al rapporto di lavoro, ove abbiano riportato iure proprio danni patrimoniali o non patrimoniali in seguito all’infortunio medesimo, sono legittimati ad agire in via extracontrattuale. 

All’orientamento in esame, progressivamente consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte, occorre dare in questa sede ulteriore continuità, aggiungendo agli argomenti surricordati ulteriori rilievi, fondati sulla struttura e sui limiti del vincolo obbligatorio. Sotto il profilo strutturale, deve rilevarsi che la già evidenziata “relazionalità” della responsabilità contrattuale trova fondamento nel carattere relativo degli elementi costitutivi soggettivi del rapporto obbligatorio (la posizione di credito e la posizione di debito) quali posizioni strumentali che danno luogo ad una relazione intersoggettiva dinamica (rapporto giuridico) non propriamente ravvisabile al cospetto delle situazioni finali, proprie dei diritti assoluti. Il carattere strumentale della posizione passiva di debito, correlativa ad una posizione soggettiva attiva avente natura di diritto relativo, conferisce l’attributo della relatività anche agli elementi costitutivi oggettivi del rapporto obbligatorio (l’interesse e la prestazione): la prestazione, pertanto, deve corrispondere all’interesse specifico del creditore (art. 1174 c.c.) e non a quello di terzi, salvo che questi ultimi non siano portatori di un interesse assolutamente sovrapponibile a quello del primo; la circostanza che il contenuto della prestazione sia soggetto a criteri legali (oltre che contrattuali) di determinazione, costituiti in primo luogo dalla buona fede (art.1175 c.c.) e dalla diligenza (art.1176 c.c.), non vale a configurare obbligazioni ulteriori aventi ad oggetto prestazioni di salvaguardia dei terzi (secondo la teoria dei cc.dd. “obblighi accessori di protezione” – Schutzpflichten e Nebenspflichten – che costituisce la premessa concettuale, nell’ambito della disciplina generale dell’obbligazione, della teoria del “contratto con effetti protettivi di terzi”) ma solo a conformare l’oggetto dell’obbligazione in funzione della realizzazione dell’interesse concreto dedotto nel contratto. Sussiste, in altre parole, una corrispondenza biunivoca tra l’interesse creditorio (art.1174 c.c.) e la causa del contratto, intesa quale causa concreta: l’interesse creditorio, per un verso, concorre ad integrare la causa concreta del contratto; per altro verso, è da quest’ultima determinato, quando l’obbligazione ha titolo nel contratto medesimo. Sotto il profilo dei limiti del vincolo obbligatorio, non va sottaciuto che secondo il diffuso intendimento sociale, recepito dal diritto positivo, esso è improntato a criteri di normalità, i quali, da un lato, sul piano oggettivo, impongono di individuare limiti di ragionevolezza al sacrificio del debitore (esonerandolo, ad es., salvo che l’inadempimento non dipenda da dolo, dal risarcimento del danno imprevedibile: art.1225 c.c.), mentre, dall’altro lato, sul piano soggettivo, inducono ad escludere, di regola, che la tutela contrattuale possa essere invocata dai soggetti terzi rispetto al contratto che abbiano riportato un pregiudizio in seguito all’inadempimento, ancorché siano legati al creditore da rapporti significativi di parentela o dal rapporto di coniugio Deve pertanto ribadirsi che, mentre il paziente, in quanto titolare del rapporto contrattuale di spedalità, è legittimato ad agire per il ristoro dei danni cagionatigli dall’inadempimento della struttura sanitaria con azione contrattuale, al contrario, fatta eccezione per il circoscritto ambito dei rapporti afferenti a prestazioni inerenti alla procreazione, la pretesa risarcitoria vantata dai congiunti per i danni da essi autonomamente subìti, in via mediata o riflessa, in conseguenza del medesimo contegno inadempiente, rilevante nei loro confronti come illecito aquiliano, si colloca nell’ambito della responsabilità extracontrattuale ed è soggetta alla relativa disciplina.

 

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 7.4.2022, n. 11320

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